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Dall’Università di Kiel arrivano gli enzimi “mangiaplastica”
Desamo
Pubblicato da Valeria Abbondanti in #DESAMOTECH · Mercoledì 18 Ott 2023
Tags: plasticfree

Dall’Università di Kiel arrivano gli enzimi “mangiaplastica”

L’inquinamento da plastica è una delle sfide ambientali più urgenti del nostro tempo. Che sia sotto forma di grandi oggetti o microplastiche poco importa: rappresenta una seria minaccia per l’ecosistema marino.

Plastica negli oceani

Secondo dati risalenti allo scorso anno, almeno 11 milioni di tonnellate di plastica vengono scartate annualmente nel mare. Anche le previsioni non sono confortanti: pare che entro il 2040 si riverserà nell’oceano, annualmente, l’equivalente di 50 kg di plastica per metro di costa.

Nell’oceano il problema, dall’oceano la soluzione

Un team dell’università di Kiel in Germania ha scoperto un alleato insospettabile: un enzima in grado di disgregare con efficacia superiore a tutti i suoi predecessori, le molecole di PET.
Questo enzima, al quale è stato dato il nome identificativo di PET 46, è stato per la prima volta identificato e descritto biochimicamente, e i risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Communications Chemistry l’11 settembre 2023.

 

Un organismo delle acque profonde

Prima d’ora erano noti 80 enzimi in grado di degradare il PET, ma questo a differenza dei suoi predecessori proviene da microorganismi abissali chiamati archaea.
La sua capacità di degradare sia olimeri che oligomeri di PET e il fatto che opera con successo a una temperatura di 70°C lo rendono un candidato ideale per la gestione dei rifiuti plastici.

Anche la terra ospita soluzioni: la tarma della cera

L’enzina PET 46 non è l’unico a contribuire alla lotta per la degradazione della plastica.
Scoperta di recente, c’è anche la tarma della cera: individuata dai biologi del Centro Ricerche Biologiche di Madrid, è stata protagonista di un esperimento i cui risultati sono stati pubblicati su Science il 20 settembre del 2023. La saliva delle larve del lepidottero Galleria mellonella sarebbe in grado di ossidare e depolimerizzare il polietilene in poche ore, grazie a quattro proteine presenti nella sua saliva, le esamerine.

Divinità della disgregazione

Gli scienziati, si sa, sono dei burloni, e infatti hanno deciso di chiamare queste proteine – le esamerine – col nome di quattro divinità greche e latine:
  • Demetra
  • Cibele
  • Cerere
  • Cora
       
Due di loro, sono in grado di degradare il polietilene.

Biotecnologia e natura

Alla luce di queste scoperte si delinea sempre di più la possibilità che le soluzioni più innovative per risolvere il problema dell’inquinamento da plastica possano arrivare dalla natura stessa. La sfida è complessa, e ancora non si è arrivati ad avere una risposta definitiva: l’unica certezza è che la biotecnologia potrebbe in un futuro non troppo lontano riservare qualche importante sviluppo e offrire soluzioni su larga scala.


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