L'inquinamento nascosto del digitale
L'inquinamento nascosto del digitale
Ogni giorno la maggior parte di noi effettua almeno una ricerca su Google, e probabilmente anche tu, mentre stai leggendo questo articolo, hai già fatto una domanda al motore di ricerca più conosciuto del web.
Un gesto apparentemente innocuo e di poca importanza, che però - incredibilmente - ha un impatto sull’ambiente.
Ma quanto sporca il digitale?
Tanto.
Il lato oscuro del digitale: le emissioni di CO2
Secondo il Global Carbon Project, l'ormai noto progetto di ricerca sulla sostenibilità promosso da Future Earth, se il web fosse una nazione, occuperebbe il terzo posto per consumo energetico e il quarto per inquinamento, subito dopo Cina, USA e India.
Il business digitale ha un grande appetito per l'energia. Tale voracità lo rende, a tratti, un gigante insostenibile.
"I data server consumano l'1% del fabbisogno globale di energia elettrica", svela Fabio Mecarone, esperto di Karma Metrix.
Stupisce apprendere che un singolo server può produrre da 1 a 5 tonnellate di CO2 all'anno. Per rendere l'idea, il digitale contribuisce al 3,7% delle emissioni globali di CO2, oltrepassando il 2% causato dal traffico aereo.
Due sono i motivi per cui internet inquina l’atmosfera con emissioni di CO2: l’energia che utilizza viene spesso ricavata dai combustibili fossili, e molto spesso i siti web sono davvero poco efficienti, quindi ne consumano in gran quantità.
Per comprendere meglio la responsabilità che abbiamo con le nostre azioni quotidiane, però, possiamo far riferimento ad un’altro dato: Netflix, Google, Facebook, Amazon e Apple in un anno hanno consumato 49,7 milioni di MWh, più del consumo di Grecia e Portogallo. (Karma Metrix)
Le criptovalute
Considerando i dati riportati da Digiconomist e ripresi dal The Guardian nel 2021 le cifre sono sorprendenti: una transazione di Bitcoin consuma energia tanto quanta ne utilizza una famiglia statunitense media nell'arco di un mese.
Il mining di bitcoin supera le emissioni di CO2 di tutti gli Emirati Arabi.
Problemi vecchi, nuove soluzioni
L'inquinamento da CO2 non è un problema nuovo.
Già nel 1912, il magazine americano Popular Mechanics lanciava l'allarme sui pericolosi effetti dell'anidride carbonica sul clima.
Oggi, secondo Mecarone, per compensare le emissioni globali di CO2 del 2021 (51 miliardi di tonnellate), dovremmo piantare 2.400 miliardi di alberi, equivalenti a 2,5 volte la superficie della Russia.
Di buono c’è che l’interesse al tema dell’ecosostenibilità sta crescendo moltissimo, rendendoci più consapevoli e attivi nel mettere in pratica soluzioni per arginare questo problema.
Sembra che questo impegno arrivi anche dai colossi di Google ed Apple: grazie al maggior utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e attenzione all’efficienza dei loro data center, si stanno muovendo nella direzione di una riduzione delle emissioni di carbonio.